Walter Cioni

Rione Pontino

Rioni

Pontino - San Marco

Una vita per le gare remiere

La passione per i remi l’ha succhiata fin da bambino visto che, il padre Raffaello e lo zio Vittorio, furono esponenti di spicco del primo equipaggio dei mitici Scarronzoni. «Erano entrambi due esponenti di spicco del Pontino che allora era conosciuto come Scali delle Cantine, Mario Ghiozzi, che era stato incaricato di selezionare gli uomini per creare un otto, nel gennaio del 1928, fece entrare nell’Unione Canottieri Livornesi sia mio padre, che allora aveva 32 anni ed era il capovoga del San Marco, sia mio zio, 28 anni, scaricatore di grani ex-ardito del Montello».

«Insieme a loro vogarono per quell’inverno Renato Tognaccini (portuale) e Dino Barsotti (25 anni, operaio della cementeria): al timone era lo stesso Ghiozzi che poi diventerà il trainer della Nazionale di Canottaggio. A loro si aggiunsero, per interessamento di Vincenzo Razzauti, gli elementi più interessanti di altre marinerie come i fratelli Mario e Guglielmo Del Bimbo (Ovo Sodo). Enrico Garzelli (Ardenza) e Eugenio Nenci. Poi, purtroppo, mio padre accusò i primi sintomi della malattia che doveva portarselo via quando io avevo solo dieci anni. Lasciò così il posto a Luciano Favilla, l’unico studente del gruppo. Della rinuncia lo ripagò mio zio Vittorio che fu medaglia d’argento alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932».

«In questo clima familiare non potevo che appassionarmi ai remi tanto che nel 1941, a sedici anni non ancora compiuti, fui incaricato di reclutare parte dell’equipaggio del San Marco che partecipò ad uno dei Palii della guerra. Ma ormai non erano più corse riservate ai rioni. Proprio per via della situazione era diventato un Palio delle Industrie perché erano Il Cantiere, l’Accademia, la Metallurgica, la Vetreria a raccogliere i migliori vogatori e a dar loro lavoro. Il fatto di essere in una di quelle ciurme, voleva dire avere un posto sicuro ed essere al riparo, per quanto possibile, dalla guerra. Così erano finiti tutti lì, mentre a San Marco non avevamo molti protettori e tanti erano già sotto le armi.

Però come Dopolavoro Agostini decisero ugualmente di partecipare e un amico, che aveva giocato al pallone con me, mi convinse a cercare qualche ragazzo della mia età disposto a vogare, per allestire la ciurma. Mi ricordo che ne facevano parte Giovanni Di Cocco, Sergio Scardigli, Emo e Pierluigi Baggiani e Dino Tuccoli. Avevamo tutti dai 15 ai 17 anni e, visto che non erano assolutamente allenati, misero una riserva sotto la prua della barca, perché potesse sostituire quello che per primo fosse crollato per la fatica. Il gozzo di San Marco arrivò tranquillamente ultimo e non pochi dei rematori, alla fine, vomitarono per il mare brutto e la fatica».

Articolo di Alberto Gavazzeni

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