Carlo e Claudio Piva – Petrucci

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Corea - Fiorentina - Shangai - Torretta

Le “Arselle Nere”

Petrucci-Piva, un binomio vincente dello Shangay degli anni ’70. E con un solo rimpianto: la decisione dei giudici di assegnare al Pontino la Barontini del 1976. «Avevamo vinto – ha detto Claudio Petrucci – ma evidentemente da un punto di vista politico la nostra sezione non contava nulla. I giudici ci pensarono a lungo e poi decisero che il tempo del Pontino era migliore del nostro. Per la rabbia il nostro allenatore Giuliano Mancini, detto Ciuffo, che era proprietario di una falegnameria in via Provinciale Pisana, e che è purtroppo morto in un incidente di moto nel 1981, prese la coppa del secondo classificato e la scaraventò nel fosso. Probabilmente fece male, ma anche lui, cronometro alla mano, era più che convinto che a vincere fosse stato il suo Shangay».

Claudio Petrucci, nato il 20 febbraio del 1956. Da oltre un anno in pensione dopo una vita di lavoro alle Officine San Marco. Ha vogato dal 1974 al 1978 saltando il 1977 visto che era imbarcato come marinaio su una nave idrografica militare, di stanza a La Spezia. Carlo Piva, nato il 26 aprile 1956. Tutt’ora lavora alla Telecom ed ha un figlio avvocato, che voga e vince sul quattro del Venezia ed un altro che studia al Conservatorio.

Voga dal 1974 al 1979 sempre nel Torretta-Shangay tranne nel 1977 quando era militare sull’incrociatore Andrea Doria, ammiraglia della flotta di stanza a La Spezia. «Facevo sport fin da giovanissimo e correvo a piedi per l’Atletica Livorno. Poi ho trovato un gruppo di coetanei, tutti sui 18 anni, e ci siamo dedicati allo sport del remo. Da sempre ho il mare nel sangue e non passava giorno senza che io andassi alla Terrazza o sul lungomare a San Jacopo. Nel 1973 ero alla Terrazza ed ho visto vincere il Sorgenti con i nuovi gozzi a dieci. Allora ero abbastanza esile e mi chiesi se un giorno avrei potuto salire anch’io su un gozzo. Lo feci l’anno dopo, avevo solo 18 anni. Allora i vogatori dovevano essere del quartiere. Noi eravamo tutti shangaini anche se la sezione si chiamava Filzi-Torretta».

«Uscivo dal lavoro – ha continuato Petrucci – alle 18 e ci allenavamo fino alle 21,30». «La nostra sede – ha aggiunto Carlo Piva – era a Torretta e l’aveva messa in piedi soprattutto il povero Giuliano Mancini, detto Ciuffo che, oltre ad essere il nostro allenatore, era proprietario di una falegnameria in via Provinciale Pisana (morì in un incidente di moto nel 1981). Pensi che come docce avevamo dei bidoni di latta. Io studiavo, lavoravo e mi allenavo nei ritagli di tempo».

Come mai il vostro era un equipaggio così giovane? «Noi ci riunivamo dove c’era il Circolo Fratelli Gigli. Eravamo tutti amici e dello stesso quartiere. Per noi era importante stare assieme, ci divertivamo, avevamo voglia di spaccare il mondo. Nel 1974, dopo essere arrivati solo settimi nella Barontini, andammo ugualmente di casa in casa a Shangay, facendo una colletta, per poter andare a cena tutti assieme. Inoltre il nostro timoniere Giovanni Di Cocco (detto Cocchino) stravedeva per i giovani».

«I gozzi erano nuovi – ha ripreso Claudio Petrucci – perché erano appena stati rifatti e davano ad ogni rione la possibilità di dimostrare la propria forza, a riprova della vittoria a dieci remi ottenuta dal Sorgenti (l’unica della sua storia) nel 1973». «Di Cocco che lavorava come guardiano al campo da rugby, era un timoniere incredibile e un gran trascinatore – ha continuato Piva – ed aveva un modo tutto suo per incitarci. Sono rimaste famose le sue frasi “Al passaggio della palata voglio vedere le arselle nere alzarsi dal fondo” o “Voglio dieci pulledri col moccolo al naso” e ancora “ Immedesimamosi, ragazzi state gardinghi” e “Non abbiate paura degli uomini scatablò (omoni e rematori giganteschi)».

«L’unico rammarico – ha concluso Piva – è per quella Barontini rubataci dai giudici nel 1976. Il Pontino l’avevamo già incontrato in allenamento e avevamo ingaggiato con i giallo-rossi una gara per vedere chi passava per primo sotto uno dei ponti dei fossi. Vincemmo noi, anche se fummo costretti a filare i remi e ad abbassare le teste al volo. Però fu una prova che ci dimostrò che eravamo un equipaggio forte e che poteva vincere».

Questa la cronaca di quella Barontini: “[… ] Al secondo posto si piazza lo Shangai che, protagonista di una prova esaltante, lascia di stucco tutti coloro che non ci avrebbero scommesso un soldo. La partenza dello Shangai non suscita particolare entusiasmo, ma il tempo finale di 15’01”39 rappresenta, fino a questo momento, il tempo da battere; una grande soddisfazione per il timoniere che si accascia sul fondo della barca e scoppia in lacrime. Soddisfazione che cresce quando, al termine del percorso del Borgo, dato per favorito e pur protagonista di una prova brillante, non è riuscito a scendere al di sotto dei 15′ 15”61. […] E con un ritmo sfrenato ma sempre con lucido raziocinio, i giallo rossi del Pontino, con Alberto Disgraziati al timone, vogano nel tempo fantastico di 14’49”45”. «Ma i giudici – aggiunge Petrucci – ci misero parecchi minuti prima di omologare quel tempo decisamente incredibile e alla fine ci diedero torto».

Articolo di Carlo Braccini (Febbraio 2017)

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