Arduino Canessa

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Borgo Cappuccini

Parlare del Palio risveglia in lui graditi ricordi: Lentamente si sgranano davanti ai suoi occhi le gesta, le vittorie, i vecchi compagni che per anni, insieme a lui, hanno scandito il ritmo delle gare remiere. Stiamo parlando di Arduino Canessa, 73 primavere, ma non le dimostra, dall’età di 16 anni impegnato sui gozzi del suo Borgo, che ha nel sangue e per il quale ha vogato quasi sempre. Conosciutissimo nell’ambiente del Palio, di mente estremamente vivace e feconda, ricorda con precisione fatti, personaggi e date che fanno parte di un’altra epoca, ma ai quali è piacevolmente necessario collegarsi per apprezzare le evoluzioni della manifestazione.

Inizia a vogare ufficialmente nel 1927 sul “tenente Pellegrini” del Borgo, un’imbarcazione niente affatto perfetta se si pensa che veniva chiamata la “gobba” per il suo aspetto poco consono alle esigenze estetiche dei gozzi di quel tempo. Si gareggiava nei quattro remi e insieme ad Arduino vogarono Antonio Carlesi, Dino Pitto, Dino Launaro, con timoniere Alberto Cellai, detto Papoccia. Il Borgo, che inalberava un drappo nero come simbolo di riconoscimento, giunse quarto dietro a San Giovanni, Mercato e Cantine.

Sempre nel 1927 si tenne la gara Molo Nuovo-San Giovanni con il classico palo ficcato in mare, in cima al quale si trovava il Palio da prendere al volo dopo dopo essersi arrampicati lungo l’antenna; in questa occasione vinse il Venezia seguito dal Borgo il cui montatore era Mataresi. Nel 1928 Canessa vinse ben due gare; la corsa dei ragazzi, sulla distanza di 1000 metri, e la corsa a quattro remi con gli uomini: l’equipaggio era composto da Canessa, Alessandro Carlesi, Dino Launaro e Marino Carnevali. Cambiò solo il timoniere; nella gara Junior era Alpino Carnevali, nell’altra il vecchio Agide Carnevali.

Fra le gare che Canessa ricorda ancora benissimo c’è una gara del 1928 con partenza dalla Meloria sul Launaro. L’equipaggio era formato da Antonio Carlesi, Arduino Canessa, Dino Launaro, Oscar Carnevali, Ottorino Balleri, Manlio Bonomo, Gino Malacarne, Domenico Costa, Virgilio Balleri e Leonetto Taccini. Timoniere Agide Carnevali. A proposito di Agide: Canessa lo ha definito “Vero uomo di mare“, ricordando che una volta uno dei vogatori si permise di fare un osservazione perché aveva visto sbarcare uno di loro, egli, per tutta risposta, disse: “Allora visto che non vi va bene, sbarco anche voi”. E così fu: tutto l’equipaggio del quattro (Canessa, Pitto, Carlesi e Launaro) si trovò praticamente disoccupato trovando, in quell’anno (1929), una collocazione sul San Giovanni. Ma nello stesso anno tornarono a far parte della famiglia del Borgo, insieme a Barabino e a Nino Volpi con al timone Antonio Chiesa e montatore sul palo Amleto Miniati, ex giocatore del Livorno.

Il 1930 vide Arduino ancora protagonista con un equipaggio misto Borgo-Cantiere che si esibì sull’imbarcazione “Trento” con Giovanni Schiano al timone. Nel 1931 partecipò al Palio sul gozzo a dieci guidato dall’intramontabile Agide mentre nel 1932 disputò con un ottimo rendimento due gare aziendali, sul “Dino Rimediotti” della Portuale e a Piombino. Il servizio militare portò ancora successi sportivi al carniere di Canessa: con il Battaglione San Marco vinse infatti i campionati italiani di voga.

Il Palio di quei tempi era certamente più sentito, sia a livello di pubblico che nelle cantine, come è evidente dalle parole di Canessa: «Nei rioni c’era più attaccamento, più cordialità. Mi ricordo che nell’anno che vincemmo le due gare, quella dei ragazzi e quella degli uomini, alcune ragazze di Borgo ci fecero quattro magli con ricamato sopra un disegno di un vogatore. E come dimenticarsi delle favolose cacciuccate in piazza Mazzini… Una volta addirittura si costruì un vaporetto rappresentante il “Genepesca” la cui lunghezza si estendeva per tutta la larghezza della piazza. E tutta la gente prendeva posto all’interno di questa imbarcazione dove erano stati sistemati i tavolini per la cacciuccata. E nel mezzo trovavamo posto noi vogatori che, mischiati ai nostri tifosi, ricevevamo il premio per la vittoria. A questo proposito rammento ancora oggi l’agilità e la velocità che il Miniati metteva nell’arrampicarsi sul palo in cima al quale c’era la bandierina che voleva dire Vittoria. Della sua abilità si accorse anche Costanzo Ciano che, al momento della premiazione, ebbe a dirgli: “Eh, Miniati, ma te sei nato nella giungla?”. La premiazione era sempre un momento molto sentito. Ai vincitori toccava una medaglia d’oro e 100 lire di regalo con le quali una famiglia di quell’epoca poteva campare per un mese. A volte si vincevano 300-400 lire. Io con quei soldi una volta ci comprai un bel vestito, le scarpe, un cappello e la rimanenza li spesi per i vizi».

«Certo erano altri tempi, per altri versi da non augurarsi, ma la passione per il Palio, per il mare, quella si, vorrei che ritornasse con la stessa se non con maggiore intensità. Perché il Palio Marinaro rappresenta per Livorno un momento unico, irripetibile: il momento del trionfo dell’agonismo, della bellezza della gara, della sana rivalità sportiva, in un mondo troppe volte avvelenato dalla violenza anche là dove lo sport dovrebbe vincere».

Intervista rilasciata 25 anni fa, siamo nel 2011, da Arduino Canessa a Riccardo Pagni

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