Claudio Cecconi

Rione Salviano

Rioni

Colline - Coteto - Salviano - Stazione

Lo zingaro del remo

Il quarto dell’equipaggio del Colline, che si aggiudicò il primo Minipalio, chiamato anche lo zingaro del remo, è Claudio Cecconi, classe 1962. Dipendente della Toremar, è stato anche definito l‘isotopo del mondo del remo. Insomma, ricostruendo la sua carriera, si può ricostruire la storia del remo a Livorno. E’ fautore dell’obbligo di avere almeno tre under 21 a bordo di ogni gozzo a dieci – «Non è possibile che gli equipaggi del Palio siano formati da vecchietti» – e di una liberalizzazione nei riguardi di tutti coloro che praticano il canottaggio tranne a quelli che fanno parte del giro della Nazionale – «Lo stop a più di due tesserati lo impongono i rioni più forti e lo hanno fatto anche per escludermi».

«Nel mondo del remo (leggasi Unione Canottieri) sono entrato nel dicembre del 1975, a 13 anni compiuti da poco, perché il medico aveva detto a mio padre che la voga mi avrebbe aiutato a sviluppare il torace e a rinforzare i muscoli. Allora ero esile e con le spalle curve e come vede non sono cambiato molto da allora ma, il canottaggio, anche se in un primo momento non mi piaceva perché mi impediva di passare le domeniche con gli amici, ho continuato a farlo. Cosa ricordo di quel 1979? Allora era obbligo che i vogatori fossero del rione per cui gareggiavano ed io ho sempre abitato in via Don Bosco, quartiere Colline. Mi chiamarono i dirigenti bianco-celesti con Tori e Bollati».

«Come quarto venne scelto Cancelli anche se non aveva mai vogato. In pochi giorni siamo riusciti a insegnarli i fondamentali, ma il timore era che non reggesse o che potesse perdere il remo nella concitazione della gara. Per questo non godevamo dei favori del pronostico. Ma quando abbiamo vinto siamo rimasti tutti senza parole perché Mario aveva retto benissimo».

Cecconi l’anno precedente aveva vinto a Piediluco il titolo italiano ragazzi nel quattro di coppia assieme ad Andrea Tori, Marco Bulli, e Patrizio Fraschetti. Nel 1995, quando già gareggiava con la Canottieri Arno, allenata dal livornese Stefano Lari, ha ottenuto agli italiani due medaglie di bronzo nel due senza e nel due con pesi leggeri. Recentemente (novembre 2006) si è imposto nella Silver Skipping di Torino riservata ai singolisti nella classe Master C, con un tempo rilevatosi come il più veloce di tutte le categorie.

Lo chiamano lo zingaro del remo perché dall‘Ucl è passato al Tomei (nel 1984 insieme a Bollati, Vilmo Dovicchi e Claudio Filippi) ma se ne andò subito – «in realtà ci buttò fuori l’allenatore Unico Marconcini per via di un litigio fra noi». Da qui la scelta di gravitare su Pisa andando poi a vogare per il Cus Pisa, per la Canottieri Arno, la Sodini Pisa (dal ’98 al 2002) e da allora per i Vigili del Fuoco Billi di Pisa.

A Livorno è però rimasto legato all’ambiente del Palio Marinaro tanto da vincere, a sorpresa, una Barontini con il Montenero nel 1994 e poi nello stesso anno (2000) il Palio e la Risi’atori con il Borgo Cappuccini. Al suo attivo ha anche una Scarronzoni nel 1999, una Santa Giulia e una Coppa del Centro Storico nel 2000, due Cardosi nel 2000 e 2003, un Trofeo Moby Prince e una D’Alesio nel 2003 e, infine, una Lubrani nel 2004 sempre con il Borgo Cappuccini.

«In realtà in mare non ho fatto molte gare anche per via della mia schiena. Nel 1994 ho avuto un brutto incidente stradale che mi ha lasciato il segno, per cui devo risparmiarmi e, in modo particolare, in mare dove la barca accusa spesso, pesantemente, il rollio delle onde. Quando sei al terzo o al quarto remo i contraccolpi li avverti chiaramente e la tua schiena li subisce. Ecco perché pur facendo sempre canottaggio nei gozzi ho preferito risparmiarmi».

La vittoria più bella? «Forse è stata quella del 1994 quando con il Montenero ho vinto la Barontini. Avevamo a bordo diversi canottieri e nelle acque ferme ce la cavavamo benissimo. Al contrario in mare, proprio per via del movimento delle onde, rischiavamo di darci delle grandi remate nei denti. E’ solo più tardi che ho imparato a vogare anche in mare”.

Articolo di Alberto Gavazzeni 2007

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