Luciano Di Fiandra

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Uno degli ultimi “Chicchi di Menta”

Dalle ceneri del glorioso Rione Avvalorati, che partecipò a diversi Palii negli anni ’20, cogliendo la prima vittoria ufficiale dei 10 remi con l’imbarcazione intitolata “Norge” nel 1926, nacque la nuova Società Rione avvalorati. Era il 1954. Nel quartiere erano sempre ben visibili i danni causati dai violenti bombardamenti del 1943 e, come si dice, la miseria si tagliava a fette. Nonostante tutto il Rione, come del resto tutti i quartieri della città, volle essere presente alle competizioni marinare.

Degli equipaggi dell’Avvalorati, che gareggiò per soli tre anni nelle gozzette a quattro remi, fece parte, nel 1954 e ’55, il nostro personaggio: Luciano Di Fiandra. Lo andai a trovare giù da Gino Falanga dove, dal 1985, collabora con lo stesso Falanga all’allestimento dei diversi campi di regata compreso quello più importante: il campo di regata del Palio Marinaro. Più che un intervista è stata una chiacchierata alla quale Luciano non si è tirato indietro.

Nato il 10 luglio del 1934, si presenta con il suo fisico asciutto, di alta statura e la pelle quasi bruciata dal sole. «Si sono uno degli ultimi “chicchi di menta”- esordisce Luciano – da quello che so tutti i miei compagni di voga, tranne Sergio Gragnani detto Jimmy, sono scomparsi. Buffo il soprannome di chicchi di menta che ci affibbiò un giornalista in quanto indossavamo le canottiere a strisce orizzontali bianco e verde ricordando appunto i chicchi di menta in commercio in quegli anni. La nostra cantina si trovava di faccia ai lavatoi del Rione dove le donne andavano a lavare i loro panni tutte assieme e noi, talvolta, sentivamo i loro canti». Ad un certo momento, l’ex chicco, ha una pausa. Mi accorgo che cominciano a scendere le lacrime dai suoi occhi, fino a raggiungere le labbra. Mi si accappona la pelle e quasi piango anch’io. Che tenerezza. Non mi era mai successo. Gli accarezzo la testa, vorrebbe parlare, ma la voce non gli viene. Dopo qualche minuto, Luciano, ripresosi, continua – «scusami tanto, sai i vecchi tempi, mi hai riportato indietro di 56 anni e quei canti, non li dimenticherò mai. La cantina che ci ospitava era di una carbonaia che ci faceva usufruire di una grossa tinozza di ferro dove, a turno, ci si lavava dopo gli allenamenti. Il sostentamento della cantina consisteva nel contributo dei rionali, un addetto faceva il giro nel rione per raccogliere i fondi e le case di tolleranza, numerose nel quartiere, contribuivano, e non poco, al proseguo della nostra attività. Il presidente era Aldo, non ricordo il cognome ma ricordo benissimo che era una bravissima persona. Ci voleva bene come del resto tutti gli abitanti. Pensa – continua Luciano – che quando mancavano quindici giorni al Palio, tutti i negozianti: Il macellaio, la lattaiola , l’alimentari ecc. ecc. ci facevano fare la spesa gratis. Al rientro dagli allenamenti, la gente era accalcata sui ponti e spallette e con grandi applausi ci chiedeva uno scatto prima di rientrare in cantina. Durante le gare ci classificammo quasi sempre terzi. Avevamo delle partenze micidiali ma dopo circa metà percorso, si calava di colpi facendoci sorpassare dai due diretti inseguitori. Poi il Rione fu incorporato dal Venezia e addio Avvalorati. Ora ti lascio, devo continuare il mio lavoro».

Rimango da solo, saluto Luciano che si volta per incamminarsi dentro la cantina e provo a immaginarmi quei canti dentro i lavatoi ma non ci riesco. Sono momenti che vanno vissuti. Di Fiandra vogherà per altri tre anni, dal 1960 al ’63, sul Colline acquisendo un primo, un secondo e un terzo posto. Nel 1973, sarà allenatore, assieme a Orfeo Mattei, del Sorgenti Corea che si aggiudicherà il Palio di quell’anno.

(Articolo di Carlo Braccini)

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