Renzo "Galletto" Mancini

Rione Venezia

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Venezia

Renzo Mancini ci ha lasciato. Era nato nel 1935. Un uomo, una vita per un remo, il destro. E dove è andato ha vinto. Diverse pagine della storia del Palio Marinaro portano il suo nome. Il suo primo rione, per abitazione e voga è l’Ardenza. Con lui i verde-rossi vincono due Palii, nel 1956 e 1957.

La rosa atleti dell’Ardenza nel 1956: timoniere G. Gorini, Mario Ronda, Renzo Mancini, Enio Calloni, Franco Mazzantini, Dino Tascini, Giorgio Sonetti, Gino Sannino, Mauro Livori, Piero Sannino, Alfio Niccolini, Otello Sannino, Bruno Sonetti, Fedele Morelli, Roberto Ferrini. Tre anni dopo lascia e si trasferisce nel rione di Venezia. E dato che, in quell’epoca, se non abitavi nel rione non potevi salire nel suo gozzo, ecco che, per Renzo, cambiano i colori, rosso e bianco.

Cambia il colore; ma non le vittorie. Con il Venezia vince ancora tre volte il “cencio”, quello del 1963, chiamato il Palio Mascagni, erano trascorsi cento anni dalla nascita del maestro livornese. La rosa atleti vittoriosa del Venezia nel 1963: timoniere Amleto Natali, Luigi Suardi, Enrico Forapianti, Vincenzo Raveggi, Attilio Taddei, Renzo Mancini, Stefano Bollati, Sergio Avanzoni, Pilade Malacarne, Enrico Del Bimbo, Umberto Marconcini, Roberto Biagiotti, Orfeo Pedani, Mauro Salvadori, Bruno Sonetti. Tempo ufficiale 9’55”.

Poi vinse ancora nel 1964, ’66, ’67, e ’68. Su quella barca né facevano parte Vincenzo Raveggi, preparatore per molti anni del Pontino e il grande Gigi Suardi. Per alcune divergenze tecniche lascia il rosso-bianco per il giallo-rosso del Pontino San Marco. Ed anche qui colleziona tre Palii. Fin da quando non decise di attaccare il remo al chiodo. In barca era sempre stato terzo remo. Nonostante i suoi trasferimenti, nel cuore è sempre rimasto il Venezia. Tanto che tornò al Venezia negli anni ’80, come dirigente.

Cambiava cantina e fateci caso, in ogni barca, c’era sempre il colore rosso. Da prima della guerra era consuetudine, a Livorno, chiamare una persona con il soprannome. E se, dopo l’assegnazione, lo chiamavi con il vero nome, non ti avrebbe risposto. E quindi anche Renzo ha avuto il suo, Gallettone. Questo soprannome era tramandato, per tradizione, al primo figlio. Così, Massimo, il maggiore è diventato. Ed il fratello minore, Stefano, Gallettino. E da domani, entrando nella cantina del Venezia, ogni dirigente e vogatore, o allenatore, guardando le mura cosparse di foto, e le bandiere ad ornarle, vedranno il viso di un amico, che dico, un fratello.

Articolo di Gianni Picchi 25/12/2011

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