Luigi Suardi

Rione Venezia

Rioni

Venezia

Parlare oggi della cantina di Venezia è parlare dei Suardi e viceversa. E non solo perchè Luigi Suardi è sulla breccia ormai dal lontano 1959, ovvero da quando aveva vent’anni, tanto da avere un palmares di tre Palii come vogatore e sei come timoniere, due Barontini ai remi e cinque al timone e quattro Risi’atori tutte come timoniere, ma perchè è da sempre l’anima della cantina.

E pensare che la sua famiglia il mare lo ha visto per la prima volta verso la fine del 1700 quando Luigi Suardi, detto Gigione, abbandonò le valli bergamasche (i Suardi sono diffusi su tutto il territorio della provincia lombarda ma, in particolare, la loro zone di provenienza sembra essere la Val Seriana e il paese di Trescore Balneario) sbarcò a Livorno alla ricerca di un lavoro per sostenere la famiglia. La tradizione orale dice che Gigione venisse da una buona famiglia ma che , essendo un figlio cadetto, preferì emigrare. Oppure era la “pecora nera” della famiglia e preferì scappare in una zona come Livorno, che concedeva l’immunità a tutti a condizione che la gente vi si stabilisse.

C’è da pensare che, come tutta la manovalanza arrivata dall’entroterra, Gigione abbia accettato almeno in un primo momento, di fare il facchino sul porto e magari, perchè no, anche il risicatore. Erano tempi duri e bisognava arrangiarsi per quel che era possibile. Che lavorasse sul porto era però certo visto che, forse con lui, ma sicuramente con i suoi figli Adamo (1860-1934) e Oreste (doveva essere un paio d’anni più giovane del fratello) inizio la storia dei Suardi navicellai.

Un terzo figlio di Gigione viene ricordato dalla famiglia solo come Pecchio il Vinaio e di lui non è stato possibile sapere altro. Adamo, sposato con Mariuccia baroni, ebbe tre figli : Osvaldo detto il Bello, nato nel 1880 e morto giovane (nel 1906), che era sicuramente un risicatore e che compare tra gli uomini di forza incaricati di tirare l’argano per abbattere il campanile di Sant’Anna l’11 settembre del 1905 ; Sirio (1894 – 1934), padre di Osvaldo (1920) e Elius (Luciano – 1922) entrambi viventi ; Varese (1897 – 1942) padre di Aldo e Mauro (portuale). Elius, a sua volta, ha avuto Massimo. Sirio di professione navicellaio, fece la guerra Italo – Turca del 1911 come infermiere a bordo della nave da guerra “Regina Elena”. Morì nell’Ottobre del 1934 e il giorno dopo, per dispiacere, anche il cuore di suo padre Adamo si fermò per sempre.

Osvaldo, il figlio di Sirio, ricorda: «Purtroppo fummo costretti a fare due funerali in due giorni». Il fratello di Adamo, Oreste, che era sposato con Cesira Veltri, ebbe a sua volta due figli: Luigi, nato nel 1881 e Rizzieri della Goga (6 giugno 1886) di professione carbonaio. Oreste fece il servizio militare come capo nocchiere sulla nave Giasone, un dragamine della Marina Militare di stanza alla Maddalena e il suo comandante, un nobile veneziano, era solito dirgli: «Oreste, tu sei il miglior nocchiere d’Italia».

Il richiamo di Livorno e della sua famiglia era però troppo forte e Oreste, lasciata la Marina Militare, diventò capitano dell’Odette un rimorchiatore, di proprietà del famosissimo Cencio Volpi, con cui rimorchiava i navicelli. Dei suoi figli Luigi, navicellaio, era il nonno dell’attuale presidente del Venezia,, mentre Rizzieri, con un barchetto chiamato “Garibaldino”, era solito andare a raccogliere il carbone (scopature), caduto durante lo scarico delle navi, che poi rivendeva per arrotondare le sue magre entrate.

E dalla storia entriamo nell’attualità con il figlio di Luigi, ovvero Oreste Suardi (1914 – 1990) detto “Riottina” (per via della sua grande passione per la ricotta) sposato con Sandrina Angella. La Angella era di Pontremoli, edera figlia di Edilio Angella, un carbonaio anarchico che, dopo aver lavorato in Germania, si trasferì a Livorno dove ebbe una gamba amputata a causa di un pezzo di antracite caduto da una coffa.

Oreste dopo un paio di sfortunate esibizioni al timone del 10 del Venezia, venne chiamato nel 1979 dalla Stazione. Vi trasferì l’equipaggio dei portuali che aveva vinto la prima edizione della Coppa del Porto, ovvero Mauro Brucioni, Livio Pacini, Brunello Braccini e Mauro Scola, ma riuscì a classificarsi soltanto secondo battuto dal Colline solo all’ultima palata. Ci ritentò l’anno dopo con Alfredo catanzano al posto di Pacini ma la Stazione giunse soltanto terza dietro l’Antignano e San Jacopo.

Da lui vengono Luigi (1939), perito chimico, attuale Presidente del Venezia e da questi Federico (1972) che ha iniziato a vogare a 18 anni ed ha nel suo palmares, come vogatore, quattro Palii, altrettante Risi’atori, ben sei Barontini e gare varie. Da Rizzieri nascono Prima (1920) che ha sposato Augusto Niccolò Angella che faceva parte dell’equipaggio del Venezia 1951 anche se poi non prese parte alla gara, Cirillo (detto Gino) nel 1924 (per un paio d’anni è stato uno dei dirigenti della sezione nautica), Nicla (1930) e Nedo (1935) da oltre cinquant’anni una delle colonne portanti del Venezia come dirigente.

Per lui solo un breve trascorso ai remi, nel 1970, quando prese parte alla prima Coppa del Porto vinta da suo zio, e una curiosità. Invece di essere battezzato nella chiesa di Crocetta, in Venezia lo fu a Montenero dove la sua famiglia era in gita di piacere. Esiste poi un Massimo Suardi, detto Snoopy, che fece da speaker al Palio del 1987, ma di cui non siamo riusciti a trovare le origini. Per tornare a Luigi, attuale presidente del venezia a cui dobbiamo la maggior parte di queste informazioni (ma il nostro grazie va anche a Osvaldo, Luciano e nedo) la data di inizio della sua avventura marinara forse coincide con la sua nascita, visto che viene da una famiglia di navicellai. Comunque è nel 1959, a soli vent’anni, che entra nell’equipaggio del dieci del Venezia e ci resterà fino al 1971, anno in cui farà un’incursione brevissima nel Salviano che arriverà soltanto sesto.

Nel frattempo aveva già vinto il Palio del 1963, del 1969 e del 1970 nonchè un paio di Barontini (1967 e 1969). Dopo un ultimo Palio a remi del 1973, passa al timone della barca rosso bianca nel 1974 e vince il Palio al primo colpo. Si ripeterà cinque anni dopo e poi anche nel 1981 mentre nel 1982 vince la sua prima Risi’atori. Nel 1983 tocca alla Barontini e l’anno dopo fa coppiola con Risi’atori e Barontini. Insieme a Gino De martino vanta, per persone ancora in attività, il primato di fedeltà al Palio.

Nel 1971 hai disputato un Palio con il Sorgenti? «Avevo litigato con Uccellino Marconcini che allora era timoniere del venezia. Quelli del Salviano che avevano il gozzo intitolato a Vasco Iacoponi e non volevano retrocedere proprio quell’anno perchè alla gara avrebbe presenziato una delegazione nazionale di sindacalisti, mi chiesero di gareggiare con loro. Convinsi anche mio cognato Marino Vivaldi (Giovanni Belli) e mettemmo su un equipaggio che, con Oscar Savi al timone, giunse sesto. A retrocedere fu l’Ovosodo. Un cambio di maglia che durò solo per quella gara perchè il Venezia , essendo rimasto privo di Enzo Poggiolini, mi richiamò all’ovile per la Barontini».

Cosa ne pensa del Palio dell’Arcipelago? «Mi sembra decisamente una buona idea che dovrebbe aumentare il flusso turistico sulle isole dove si svolgeranno le gare. Temo che da questo lato sia invece meno interessante per Livorno se non cambia qualcosa e non si lancia la manifestazione.

Troppa burocrazia nelle gare remiere ? «Sono dell’idea che dovremmo semplificare al massimo lo statuto. Troppi vincoli. I rematori dovrebbero potersi spostare, da una squadra all’altra, nella stessa annata, perchè fare da riserve è demotivante e i rioni dovrebbero poter attingere subito anche al loro vivaio giovanile. Nel 1974, quando ho vinto il mio primo Palio come timoniere, della ciurma faceva parte anche Vladimiro Mannocci che aveva solo 15 anni».

Quindi sarebbe favorevole ad inserire obbligatoriamente nei dieci due ragazzi sotto i vent’anni? «In pratica lo si fa già, ripeto niente vincoli. E’ nell’interesse delle cantine inserire nell’equipaggio un giovane se questo è davvero bravo». Ma oggi l’eta’ media dei vogatori si sta alzando considerevolmente? «Vero, ma è una questione fisiologica e di mutamento dei tempi. Ai miei tempi, a 35 anni si era già vecchi: oggi sono cambiati i tempi ed i modi di alimentazione e di allenamento. La giovinezza atletica si è allungata».

Oggi pero’ troppe cantine sono in grosse difficoltà? «Purtroppo è la realtà. per fare una stagione ci vogliono una sessantina di milioni e per i vogatori è diventato un vero impegno. Si finisce ad agosto, per ricominciare ad allenarsi i primi d’ottobre. Per fortuna oggi i giovani amano andare in palestra e il fatto che, come Polisportiva, si metta loro a disposizione un’attrezzatura di primo ordine ci favorisce. Ad emergere sono sempre i soliti rioni perchè hanno un supporto economico valido anche se poi può succedere che, per litigi in famiglia, si incappi in una retrocessione».

Modificherebbe il sistema di promozioni e retrocessioni? «Intanto sono contrario ad una doppia promozione e retrocessione perchè poi, l’anno dopo, si rischierebbe di trovarci di fronte ad una rinuncia per mancanza di fondi e vogatori. Penso invece che dovrebbe essere interessante modificare il meccanismo attuale nel senso di lasciare la promozione secca per chi vince il palio nelle gozzette e articolare la retrocessione sul punteggio delle tre prove maggiori: Palio, Risi’atori e Barontini. Così tutti gli equipaggi sarebbero costretti a partecipare alle gare senza trasformarle in allenamenti e senza dare forfait per non far capire le proprie possibilità alle altre ciurme».

Articolo di Alberto Gavazzeni 2009

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